Il 2009 è arrivato!
Buon anno!!
Ho posizionato il mio bellissimo albero, verde e rigoglioso (nonostante sia inverno...), in un vialetto di un quartiere residenziale della mia amata (caotica, trafficata, smoggosa) città.
Seduta, composta, da brava scimmia educata, osservo le vite dei miei nuovi vicini, soffermandomi sulle loro relazioni sentimentali.
Mamma mia che disastro!!!
Mi chiedo..ma esiste ancora una coppia normale??
E per normale, intendo una coppia che si ama.
Qualcuno che è disposto a rinunciare ad una piccola parte di se stesso per amore dell'altro.
Chi è felice di condividere, tempo, vita, amici, figli...con un altra persona.
Non parlo di matrimonio, di contratto, di preti, feste e vestiti da sposa...e di quel "per sempre" che esiste solo nelle favole.
Parlo di due persone, etero o non..che si amano e desidereno vivere il loro amore in modo vero e sincero.
Viverlo fino a che dura.
Viverlo fino al giorno in cui è bello...e coltivarlo per farlo crescere.
Vorrei avere un megafono ed urlarlo!! C'è qualcuno??
Ok.
Sicuramente ci saranno da qualche parte, e non saranno neanche pochi (mmmmmm), ma quello che in questi giorni salta all'occhio è tutto il contrario...ed è questo contrario che è giustificato come una cosa normale.
L'esempio più lampante "è normale tradire".
E' normale andare su facebook, riincontrare vecchia gente, uscirci, trombarci...e poi tornare a casa dal partner e fare finta di nulla (scrivo di facebook perchè trattasi della moda del momento, ma avrei potuto tranquillamente scrivere posto di lavoro o palestra).
E' normale tradire la propria fidanzata o il fidanzato ed è giusto non dirglielo, tenerselo per se....e continuare a vivere nella menzogna...insieme.
Che bello!!!
Fantastico.
C'è chi ti dice che è per il bene dell'altro che non va detta la verità, perchè la verità se gliela dici, sei una merda. Gli sbatti in faccia i tuoi rimorsi di conscienza...e non è giusto.
Invece se non glielo dici è meglio...o almeno più corretto (per quanto la parola corretto sia appropriata in questo caso), perchè così non fai soffrire quella persona.
Ti limiti solo a prenderla peril culo (dico io)....a farle credere che la ami.
Bello.
Fantastico.
Di questi rapporti il mondo è pieno...e ce ne sono per ogni fascia d'età.
Solidi rapporti, che durano negli anni, dove alla base ci sono cose non dette, tanta tanta finzione e se ti dice culo....ci trovi anche un po' di sentimento...dai l'affetto ci sta tutto!
A questo punto io penso....che in fondo l'alieno sono io!!
Una scimmia aliena totalmente fuori dal mondo.
Quella che continua a credere che è meglio un bel treno in faccia che ti spezza in due, ma dal quale puoi rialzarti, che una vita finta, ma sicuramente + facile, contornata da bugie e compromessi....
Quella che ancora preferisce dire la verità alle persone a cui vuole bene, pagandone le conseguenze.
Perchè gli errori li facciamo tutti, ma a confessarli sono in pochi.
Soprattutto perchè in pochi sono disposti a prendersi le responsabilità dei propri errori.
Però c'è una cosa da aggiungere...che mi hanno insegnato...
Vivere cercando di essere delle persone vere...ti da la possibilità di metterti davanti ad uno specchio, guardarci dentro, vedere la tua immagine riflessa e sorridere.....
A.Z.
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venerdì 16 gennaio 2009
lunedì 29 settembre 2008
...dentro la mia testa.......
Entro in punta di piedi nella mia testa.
Ho deciso di mettere un po' d'ordine. Devo sistemare la libreria della memoria, chiudere bene i cassetti dei ricordi, controllare che i scatoloni, pieni dei pensieri da buttare, siano ben siggillati.
Appena entrata mi guardo intorno.
So già cosa mi aspetta ogni volta che metto piede in quella stanzetta.
Sì perchè non è che parliamo di un ambiente enorme, si tratta proprio di una stanzetta, talmente piena di "robba" da rischiare di scoppiare da un momento all'altro.
Ci sono anche dei fogli bianchi che svolazzano al centro della stanza .
Sono sparati in aria da una vecchia stampante, poggiata su un mobiletto di legno a ridosso della parete alla mia sinistra.
Quell'attrezzo è sempre attivo, produce pensieri ed ogni pensiero concluso lo stampa su un foglio e lo sputa per aria.
Ne riesco a prendere uno, prima che cada a terra.
C'è su scritto "Oggi ho chattato su msn con i miei amici, ho, come al solito, perso tempo a lavoro. Uff che palle il lavoro. Se il telefono squilla ancora lo brucio. Ho fame!! O mio dio la stanza in cui vivo è un tugurio".
Ecco, penso "questo è da eliminare subito, prima che vada a sommarsi agli altri fogli che sono sul pavimento".
Lo appallottolo e lo lancio in uno dei scatoloni ancora aperti.
Mi soffermo per un attimo a guardare la stanza.
Ci sono pochi mobili. Di fronte alla porta si trovano un paio di finestrelle, con le serrande mezze abbassate. Da lì entra sempre luce, sembrerebbero i raggi del sole, ma non ho mai capito se lo sono o meno. Dopo tutto sono nella mia testa, e lì non possono esserci i miei occhi, mica sono un mostro con gli occhi sulla fronte!
Sotto le finestrelle, c'è una libreria bassa.
Al suo interno sono riposti i miei ricordi vivi, quelli nuovi e quelli relativamente vecchi, potremmo chiamarla "la libreria della memoria utile".
Tutto è messo in modo da essere facilmente catalogato, e tirato fuori ogni volta che ne ho bisogno. Ecco quello è l'unico mobile della stanza dove non devo mettere mano. E' assolutamente in ordine.
A fianco alla porta, alla mia destra, c'è un vecchio armadio.
L'armadio dei desideri, dei progetti, delle mie idee sul futuro e di tutte le cose che ho realizzato.
Adoro questo armadio. E' pieno di fogli con su scritte cose allegre. Non è ordinato, ma il caos che regna al suo interno mi piace, perchè raccoglie davverò tutti i pensieri positivi che stanno nella mia testa.
Quando lo apri vieni travolto da un'ondata di gioia, entisiasmo, speranze, fantasia.
Ecco potrei dire che quel vecchio mobile contiene la parte migliore di me.
Alla mia sinistra, dietro ad alcuni scatoloni, vicino alla stampante (la quale è in piena attività e sputa carta di continuo) c'è una porta chiusa.
Lì dietro c'è uno stanzino, senza finestra, illuminato da una piccola lampadina, collegata al soffitto da un filo elettrico. Al suo interno sono montate due scaffaliere metalliche, piene zeppe di scatole e fogli sparsi.
Lì ci sono i ricordi nascosti, i momenti difficili, le cose da dimenticare, le mie paure, la mia rabbia e, soprattutto, tutto quello che non si dimentica mai, neanche quando è chiuso in una scatola messa dietro altre scatole, all'ultimo ripiano di una scaffaliera metallica, ricoperta di polvere, in uno stanzino buio, chiuso a forza da una porta.
Io li dento non ci entro mai.
So bene che per ordinare la mia testa, proprio da lì dovrei iniziare, ma non voglio entrare perchè sono cosciente del fatto che una volta entrata sarebbe difficilissimo uscire e ho la certezza che, anche se riuscissi a farlo, non uscirei in piedi.
Ecco. Il solo fatto di aver individuato quella porta mi da ansia.
Perchè per anni l'ho riempitata di tutto quello che mi faceva star male. Ho preso pacchi di ricordi, malumori, sofferenza e li ho ficcati a forza lì dentro.
L'ho fatto per avere il sorriso sul mio viso, per continuare ad essere la persona solare che sono.
Ho utilizzato quel buco, buio ed impolverato come dimenticatoio.
Però guardando quella porta, che non riesce neanche a chiudersi perfettamente, mi rendo conto, e tremo al sol pensiero, che prima o poi tutto il contenuto di quella stanza verrà fuori e invaderà
la mia testa.
Mi guardo di nuovo intorno. Mi soffermo su ogni angolo della stanza.
No.
Non c'è niente che mi va di spostare, non c'è niente da mettere a posto.
Tutto deve restare così com'è, perchè con il passare del tempo sarà questa stessa stanza a trovare la sua forma, così come l'ha trovata in tutti questi anni.
Non voglio buttare neanche gli scatoloni dei pensieri inutili, perchè in fondo anche loro hanno un'utilità qui dentro.
Un ultimo sguardo.
Mi giro ed esco.
Ho deciso di mettere un po' d'ordine. Devo sistemare la libreria della memoria, chiudere bene i cassetti dei ricordi, controllare che i scatoloni, pieni dei pensieri da buttare, siano ben siggillati.
Appena entrata mi guardo intorno.
So già cosa mi aspetta ogni volta che metto piede in quella stanzetta.
Sì perchè non è che parliamo di un ambiente enorme, si tratta proprio di una stanzetta, talmente piena di "robba" da rischiare di scoppiare da un momento all'altro.
Ci sono anche dei fogli bianchi che svolazzano al centro della stanza .
Sono sparati in aria da una vecchia stampante, poggiata su un mobiletto di legno a ridosso della parete alla mia sinistra.
Quell'attrezzo è sempre attivo, produce pensieri ed ogni pensiero concluso lo stampa su un foglio e lo sputa per aria.
Ne riesco a prendere uno, prima che cada a terra.
C'è su scritto "Oggi ho chattato su msn con i miei amici, ho, come al solito, perso tempo a lavoro. Uff che palle il lavoro. Se il telefono squilla ancora lo brucio. Ho fame!! O mio dio la stanza in cui vivo è un tugurio".
Ecco, penso "questo è da eliminare subito, prima che vada a sommarsi agli altri fogli che sono sul pavimento".
Lo appallottolo e lo lancio in uno dei scatoloni ancora aperti.
Mi soffermo per un attimo a guardare la stanza.
Ci sono pochi mobili. Di fronte alla porta si trovano un paio di finestrelle, con le serrande mezze abbassate. Da lì entra sempre luce, sembrerebbero i raggi del sole, ma non ho mai capito se lo sono o meno. Dopo tutto sono nella mia testa, e lì non possono esserci i miei occhi, mica sono un mostro con gli occhi sulla fronte!
Sotto le finestrelle, c'è una libreria bassa.
Al suo interno sono riposti i miei ricordi vivi, quelli nuovi e quelli relativamente vecchi, potremmo chiamarla "la libreria della memoria utile".
Tutto è messo in modo da essere facilmente catalogato, e tirato fuori ogni volta che ne ho bisogno. Ecco quello è l'unico mobile della stanza dove non devo mettere mano. E' assolutamente in ordine.
A fianco alla porta, alla mia destra, c'è un vecchio armadio.
L'armadio dei desideri, dei progetti, delle mie idee sul futuro e di tutte le cose che ho realizzato.
Adoro questo armadio. E' pieno di fogli con su scritte cose allegre. Non è ordinato, ma il caos che regna al suo interno mi piace, perchè raccoglie davverò tutti i pensieri positivi che stanno nella mia testa.
Quando lo apri vieni travolto da un'ondata di gioia, entisiasmo, speranze, fantasia.
Ecco potrei dire che quel vecchio mobile contiene la parte migliore di me.
Alla mia sinistra, dietro ad alcuni scatoloni, vicino alla stampante (la quale è in piena attività e sputa carta di continuo) c'è una porta chiusa.
Lì dietro c'è uno stanzino, senza finestra, illuminato da una piccola lampadina, collegata al soffitto da un filo elettrico. Al suo interno sono montate due scaffaliere metalliche, piene zeppe di scatole e fogli sparsi.
Lì ci sono i ricordi nascosti, i momenti difficili, le cose da dimenticare, le mie paure, la mia rabbia e, soprattutto, tutto quello che non si dimentica mai, neanche quando è chiuso in una scatola messa dietro altre scatole, all'ultimo ripiano di una scaffaliera metallica, ricoperta di polvere, in uno stanzino buio, chiuso a forza da una porta.
Io li dento non ci entro mai.
So bene che per ordinare la mia testa, proprio da lì dovrei iniziare, ma non voglio entrare perchè sono cosciente del fatto che una volta entrata sarebbe difficilissimo uscire e ho la certezza che, anche se riuscissi a farlo, non uscirei in piedi.
Ecco. Il solo fatto di aver individuato quella porta mi da ansia.
Perchè per anni l'ho riempitata di tutto quello che mi faceva star male. Ho preso pacchi di ricordi, malumori, sofferenza e li ho ficcati a forza lì dentro.
L'ho fatto per avere il sorriso sul mio viso, per continuare ad essere la persona solare che sono.
Ho utilizzato quel buco, buio ed impolverato come dimenticatoio.
Però guardando quella porta, che non riesce neanche a chiudersi perfettamente, mi rendo conto, e tremo al sol pensiero, che prima o poi tutto il contenuto di quella stanza verrà fuori e invaderà
la mia testa.
Mi guardo di nuovo intorno. Mi soffermo su ogni angolo della stanza.
No.
Non c'è niente che mi va di spostare, non c'è niente da mettere a posto.
Tutto deve restare così com'è, perchè con il passare del tempo sarà questa stessa stanza a trovare la sua forma, così come l'ha trovata in tutti questi anni.
Non voglio buttare neanche gli scatoloni dei pensieri inutili, perchè in fondo anche loro hanno un'utilità qui dentro.
Un ultimo sguardo.
Mi giro ed esco.
A.
venerdì 26 settembre 2008
Il Fantasma del Vicolo
Le strade di Cannareggio sono ricoperte di nebbia questa mattina.
Io vago solitaria e l’aria gelida mi trapassa il corpo, ma non sento niente.
Sono anni, tantissimi anni, che non sento più nulla, che percorro queste strade vuote fino all’alba.
Lo faccio per non essere vista da nessuno.
Mi faccio guidare dal vento e giro senza una meta.
Silenziosa.
I miei passi sono così leggeri che, quasi, non toccano il suolo.
Una volta, ricordo, i miei passi erano rumorosi. La mia presenza in strada era gradita da tutti.
Mi piaceva farmi vedere, essere salutata, fermarmi a chiacchierare con la gente di Venezia.
Io, che veneziana non sono, mi sentivo di appartenere a questa città e la vivevo come se fosse mia, amando ogni suo angolo.
Non è più cosi da tempo. Talmente tanto che non riesco neanche più a ricordare.
So solo che la mia vita è cambiata in un istante. Il mio io di prima è svanito così velocemente da non rendermene conto.
Ed ora sono qui a vagare per queste strade, come un fantasma.
Ho perso la cognizione del tempo, ho perso la mia casa, giro sempre con i soliti quattro stracci, vagando alla ricerca del nulla, perché ad ogni passo che faccio sento la mia anima sgretolarsi.
Quando la città inizia a svegliarsi io mi nascondo.
Ho il mio posto segreto, il mio sudicio vicolo, dove non passa mai nessuno e dove io, invece, trascorro la mia esistenza.
E’ un vicolo piccolo, una stradina chiusa, abbandonata, dove dei barboni hanno lasciato stracci, un materasso ammuffito e altre cianfrusaglie, che ormai fanno solo cattivo odore.
Si vivo a ridosso di piccola discarica a cielo aperto, ma non ne sono infastidita, perché non sento il fetore che emana. Io non sento nulla. Io mi limito, ogni giorno, ad entrare nel vicolo, scavalcare la mondezza ed arrivare all’angolo, dove mi appoggio alla parete.
Lì rimango tutto il giorno. In piedi, con le mani ed il resto del mio corpo attaccato a quel muro umido.
Passo così i miei giorni. Non mi muovo, non parlo, chiudo gli occhi, ma respiro.
Io e il muro uniti da una specie di colla vitale.
Mi stacco da lì solo la notte, quando le strade si svuotano, solo per prendere aria, ma ogni volta che mi allontano il respiro si fa pesante ed io inizio a soffocare. L’aria che cerco nelle mie disperate passeggiate notturne, la ritrovo soltanto quando, la mattina, ritorno nel vicolo e mi appoggio al muro.
L’umidità che ricopre quella vecchia parete, mi dà la vita e riaccende i ricordi nella mia testa.
Le feste nel palazzo ducale, i riconoscimenti alla mia famiglia di mercanti.
Il Ghetto di Venezia, con i suoi abitanti ed i tesori nascosti.
Le domeniche in chiesa e lui.
Lui che, ho incontrato proprio lì, nella cattedrale di San Marco.
Lui, che ogni domenica aveva occhi solo per me.
Ci siamo incontrati tante volte per strada, ma nessuno dei due ha mai detto nulla.
Uno scambio di sguardi e via, ognuno nella sua direzione.
Una storia romantica, assolutamente platonica, che è durata un anno intero e che io tenevo segreta, perché sapevo che era un amore impossibile.
Questi ricordi riaffiorano nella mia vecchia testa ed io li accolgo perché raccontano momenti sereni e li rivivo ogni volta con estremo piacere.
Poi la sera, dopo il tramonto, il sorriso ritrovato, scompare dal mio viso.
Accade tutte le sere alla stessa ora, come un orologio io perdo i sensi, vengo risucchiata dal vicolo e rivivo il mio ultimo ricordo.
“Domenica notte.
Cannareggio era avvolta nella nebbia.
Senza far rumore sono uscita di casa, avvolta nel mio mantello di velluto scuro, con il volto coperto da una maschera.
I miei passi leggeri, silenziosi, veloci.
Ho superato diversi ponti, per fortuna senza incontrare anima viva, poi ho svoltato a sinistra. Ho costeggiato il canale ed ho girato di nuovo a destra.
Sono così entrata in un vicolo.
Avevo studiato il percorso da fare, fino a quel luogo, in ogni suo dettaglio.
Ero lì a quell’ora, perché così c’era scritto nel biglietto che avevo trovato sulla mia panca in chiesa. Non mi ero fatta domande, sapevo che quel messaggio era indirizzato a me e non avevo alcun dubbio su chi era stato a mandarmelo.
Ricordo che il mio cuore batteva fortissimo ed io potevo sentirlo salire fino alla gola.
Sola, nascosta nella penombra ero in attesa.
Lo vidì arrivare da lontano, poco dopo.
Il corpo coperto da un mantello nero e sul volto la Bauta.
Si avvicinava, veloce come un essere demoniaco, ma quando i nostri occhi si sono incrociati, la nebbia ed il freddo di quella notte sono svaniti.
E’ caduta la maschera, il mantello, tutto quello che poteva separarci.
Non abbiamo detto una parola, erano i nostri sguardi a parlare per noi.
E lì in quel vicolo, in quel angolo di Venezia, addosso a quella parete umida ho vissuto il momento più intenso di tutta la mia vita.
Il mio ultimo momento da viva”.
C’è una leggenda che gira per le strade di Cannareggio.
E’ la triste storia di una giovane donna trovata morta in un vicolo, in una fredda mattina di Gennaio.
La leggenda racconta che è stata uccisa per mano di un importante uomo di chiesa, perché aveva osato allontanare dalla vita spirituale un giovane, figlio di una delle più ricche famiglie di Venezia.
Del giovane non si è mai saputo nulla, c’è chi racconta di averlo visto fuggire in mare su una nave diretta in Spagna, c’è chi invece dice che si sia ucciso, buttandosi nel canal grande pochi mesi dopo.
La giovane donna, invece, vive una vita da non morta ed ogni notte esce dal suo vicolo e cerca inconsapevole il suo amore perduto.
(storia inventata e scritta da Ale. Z.)
Io vago solitaria e l’aria gelida mi trapassa il corpo, ma non sento niente.
Sono anni, tantissimi anni, che non sento più nulla, che percorro queste strade vuote fino all’alba.
Lo faccio per non essere vista da nessuno.
Mi faccio guidare dal vento e giro senza una meta.
Silenziosa.
I miei passi sono così leggeri che, quasi, non toccano il suolo.
Una volta, ricordo, i miei passi erano rumorosi. La mia presenza in strada era gradita da tutti.
Mi piaceva farmi vedere, essere salutata, fermarmi a chiacchierare con la gente di Venezia.
Io, che veneziana non sono, mi sentivo di appartenere a questa città e la vivevo come se fosse mia, amando ogni suo angolo.
Non è più cosi da tempo. Talmente tanto che non riesco neanche più a ricordare.
So solo che la mia vita è cambiata in un istante. Il mio io di prima è svanito così velocemente da non rendermene conto.
Ed ora sono qui a vagare per queste strade, come un fantasma.
Ho perso la cognizione del tempo, ho perso la mia casa, giro sempre con i soliti quattro stracci, vagando alla ricerca del nulla, perché ad ogni passo che faccio sento la mia anima sgretolarsi.
Quando la città inizia a svegliarsi io mi nascondo.
Ho il mio posto segreto, il mio sudicio vicolo, dove non passa mai nessuno e dove io, invece, trascorro la mia esistenza.
E’ un vicolo piccolo, una stradina chiusa, abbandonata, dove dei barboni hanno lasciato stracci, un materasso ammuffito e altre cianfrusaglie, che ormai fanno solo cattivo odore.
Si vivo a ridosso di piccola discarica a cielo aperto, ma non ne sono infastidita, perché non sento il fetore che emana. Io non sento nulla. Io mi limito, ogni giorno, ad entrare nel vicolo, scavalcare la mondezza ed arrivare all’angolo, dove mi appoggio alla parete.
Lì rimango tutto il giorno. In piedi, con le mani ed il resto del mio corpo attaccato a quel muro umido.
Passo così i miei giorni. Non mi muovo, non parlo, chiudo gli occhi, ma respiro.
Io e il muro uniti da una specie di colla vitale.
Mi stacco da lì solo la notte, quando le strade si svuotano, solo per prendere aria, ma ogni volta che mi allontano il respiro si fa pesante ed io inizio a soffocare. L’aria che cerco nelle mie disperate passeggiate notturne, la ritrovo soltanto quando, la mattina, ritorno nel vicolo e mi appoggio al muro.
L’umidità che ricopre quella vecchia parete, mi dà la vita e riaccende i ricordi nella mia testa.
Le feste nel palazzo ducale, i riconoscimenti alla mia famiglia di mercanti.
Il Ghetto di Venezia, con i suoi abitanti ed i tesori nascosti.
Le domeniche in chiesa e lui.
Lui che, ho incontrato proprio lì, nella cattedrale di San Marco.
Lui, che ogni domenica aveva occhi solo per me.
Ci siamo incontrati tante volte per strada, ma nessuno dei due ha mai detto nulla.
Uno scambio di sguardi e via, ognuno nella sua direzione.
Una storia romantica, assolutamente platonica, che è durata un anno intero e che io tenevo segreta, perché sapevo che era un amore impossibile.
Questi ricordi riaffiorano nella mia vecchia testa ed io li accolgo perché raccontano momenti sereni e li rivivo ogni volta con estremo piacere.
Poi la sera, dopo il tramonto, il sorriso ritrovato, scompare dal mio viso.
Accade tutte le sere alla stessa ora, come un orologio io perdo i sensi, vengo risucchiata dal vicolo e rivivo il mio ultimo ricordo.
“Domenica notte.
Cannareggio era avvolta nella nebbia.
Senza far rumore sono uscita di casa, avvolta nel mio mantello di velluto scuro, con il volto coperto da una maschera.
I miei passi leggeri, silenziosi, veloci.
Ho superato diversi ponti, per fortuna senza incontrare anima viva, poi ho svoltato a sinistra. Ho costeggiato il canale ed ho girato di nuovo a destra.
Sono così entrata in un vicolo.
Avevo studiato il percorso da fare, fino a quel luogo, in ogni suo dettaglio.
Ero lì a quell’ora, perché così c’era scritto nel biglietto che avevo trovato sulla mia panca in chiesa. Non mi ero fatta domande, sapevo che quel messaggio era indirizzato a me e non avevo alcun dubbio su chi era stato a mandarmelo.
Ricordo che il mio cuore batteva fortissimo ed io potevo sentirlo salire fino alla gola.
Sola, nascosta nella penombra ero in attesa.
Lo vidì arrivare da lontano, poco dopo.
Il corpo coperto da un mantello nero e sul volto la Bauta.
Si avvicinava, veloce come un essere demoniaco, ma quando i nostri occhi si sono incrociati, la nebbia ed il freddo di quella notte sono svaniti.
E’ caduta la maschera, il mantello, tutto quello che poteva separarci.
Non abbiamo detto una parola, erano i nostri sguardi a parlare per noi.
E lì in quel vicolo, in quel angolo di Venezia, addosso a quella parete umida ho vissuto il momento più intenso di tutta la mia vita.
Il mio ultimo momento da viva”.
C’è una leggenda che gira per le strade di Cannareggio.
E’ la triste storia di una giovane donna trovata morta in un vicolo, in una fredda mattina di Gennaio.
La leggenda racconta che è stata uccisa per mano di un importante uomo di chiesa, perché aveva osato allontanare dalla vita spirituale un giovane, figlio di una delle più ricche famiglie di Venezia.
Del giovane non si è mai saputo nulla, c’è chi racconta di averlo visto fuggire in mare su una nave diretta in Spagna, c’è chi invece dice che si sia ucciso, buttandosi nel canal grande pochi mesi dopo.
La giovane donna, invece, vive una vita da non morta ed ogni notte esce dal suo vicolo e cerca inconsapevole il suo amore perduto.
(storia inventata e scritta da Ale. Z.)
mercoledì 17 settembre 2008
Pensiero Privato
(Scritto a maggio del 2006)
Perdersi in un pensiero…ti avvolge caldamente…
Ti inizia a mancare il fiato.
Rimani come sospesa e guardi nel vuoto cercando di trovare un punto fermo a cui aggrapparti.
Questo è quello che ho provato ritrovandomi da sola, dopo quel incontro, in quel giorno strano, in quel luogo a me così familiare perché parte delle mie solitarie passeggiate all’ora di pranzo.
La porticina chiusa in fondo al cuore si è spalancata ed il suo contenuto mi ha travolto.
…da lì sono usciti tutti i miei ricordi, le mie sensazioni, le emozioni che ho provato un tempo…le lacrime, le risate un insieme di pensieri sconclusionati… e lì io ti ho rivisto….
Quella ragazzina poco più che adolescente, l’eterna sognatrice che creava storie d’amore e castelli in aria. E li c’era lui, il mio amore idealizzato, nella sua roccaforte di ghiaccio, irraggiungibile e lontano. Soltanto una volta ho avuto il piacere di incontrarlo nella realtà, soltanto una volta mi sono sentita veramente vicina a lui ed immediatamente mi è tornata in mente quella sera in cui forse, per l’unica volta, ho creduto di essere parte della sua vita. Un dolcissimo ricordo e poi, di nuovo lacrime e la conclusione di una storia che, tutto sommato, non ha mai avuto un senso.
Oggi, dopo tanti anni, non so dire se quello era amore, so soltanto che la mia fantasia e la capacità di sognare è riuscita ad idealizzare una persona che, in fondo, non ho mai conosciuto.
A.
Perdersi in un pensiero…ti avvolge caldamente…
Ti inizia a mancare il fiato.
Rimani come sospesa e guardi nel vuoto cercando di trovare un punto fermo a cui aggrapparti.
Questo è quello che ho provato ritrovandomi da sola, dopo quel incontro, in quel giorno strano, in quel luogo a me così familiare perché parte delle mie solitarie passeggiate all’ora di pranzo.
La porticina chiusa in fondo al cuore si è spalancata ed il suo contenuto mi ha travolto.
…da lì sono usciti tutti i miei ricordi, le mie sensazioni, le emozioni che ho provato un tempo…le lacrime, le risate un insieme di pensieri sconclusionati… e lì io ti ho rivisto….
Quella ragazzina poco più che adolescente, l’eterna sognatrice che creava storie d’amore e castelli in aria. E li c’era lui, il mio amore idealizzato, nella sua roccaforte di ghiaccio, irraggiungibile e lontano. Soltanto una volta ho avuto il piacere di incontrarlo nella realtà, soltanto una volta mi sono sentita veramente vicina a lui ed immediatamente mi è tornata in mente quella sera in cui forse, per l’unica volta, ho creduto di essere parte della sua vita. Un dolcissimo ricordo e poi, di nuovo lacrime e la conclusione di una storia che, tutto sommato, non ha mai avuto un senso.
Oggi, dopo tanti anni, non so dire se quello era amore, so soltanto che la mia fantasia e la capacità di sognare è riuscita ad idealizzare una persona che, in fondo, non ho mai conosciuto.
A.
sabato 13 settembre 2008
Dipendenza da due ruote
Roma 11/09/2008
Domani ore 8.30 del mattino, appuntamento davanti all'officina del meccanico.
Domani ore 8.35 del mattino, di nuovo immersa nel traffico a svicolare tra le macchine con il mio mezzo a due ruote, per non arrivare tardi a lavoro.
Domani mattina alle 8.33, quando metterò la chiave nel mio Scarabeo 100 , mi sentirò di nuovo indipendente.
Ma è giusto dedicare due parole anche a quello che ho fatto nella mia settimana a piedi.
Sono andata a lavoro con l'autobus... e per prenderlo mi sono dovuta alzare, ogni singolo giorno, quasi un'ora prima del solito orario, ma stranamente non è stata una tragedia.
Soltanto qualche mese fa avrei ucciso, per 5 soli minuti di sonno in meno.
L'autobus preso al capolinea (sfruttando il passaggio di mia madre assonnata), posto a sedere...e visto che il viaggio è sempre stato di circa un'ora (perchè da capolinea a capolinea)...mi sono fatta delle meravigliose dormite spalmata sul finestrino, con gli occhiali da sole molto tattici.
Non mi sono fatta mancare delle belle passeggiate durante la pausa pranzo, in una delle quali sono arrivata a piedi fino a Via del Corso, per comprare dei regali ad alcuni miei amici.
Ma la cosa più emozionante mi è capitata di sera.
Ho avuto la possibilità di assistere ad uno spettacolo... luci, colori, arte e silenzio.
Mi sono ritrovata per due sere di seguito,alle ore 19.45 a piazza San Pietro.
La piazza quasi deserta, c'erano poche persone.
Alcuni ragazzi stavano seduti a terra ad ammirare, come me, lo spettacolo in silenzio .
A quell'ora il sole tramonta, il cielo comincia a perdere i suoi colori chiari e diventa viola, la piazza è già illuminata e le luci illuminano ed esaltano i contorni della chiesa, delle fontane e dell'obelisco.
Ora, purtroppo, non sono cosi brava da riuscire a descrivere in modo più preciso la bellezza del posto, a quell'ora e, non avevo neanche un supporto per fare foto con me, ma sono obiettivamente convinta di avere assistito ad uno spettacolo.
In quel momento, passeggiando, serena, verso la mia meta, mi sono detta "Dopo tutto ogni tanto ci posso restare a piedi".
A.
Domani ore 8.30 del mattino, appuntamento davanti all'officina del meccanico.
Domani ore 8.35 del mattino, di nuovo immersa nel traffico a svicolare tra le macchine con il mio mezzo a due ruote, per non arrivare tardi a lavoro.
Domani mattina alle 8.33, quando metterò la chiave nel mio Scarabeo 100 , mi sentirò di nuovo indipendente.
Ma è giusto dedicare due parole anche a quello che ho fatto nella mia settimana a piedi.
Sono andata a lavoro con l'autobus... e per prenderlo mi sono dovuta alzare, ogni singolo giorno, quasi un'ora prima del solito orario, ma stranamente non è stata una tragedia.
Soltanto qualche mese fa avrei ucciso, per 5 soli minuti di sonno in meno.
L'autobus preso al capolinea (sfruttando il passaggio di mia madre assonnata), posto a sedere...e visto che il viaggio è sempre stato di circa un'ora (perchè da capolinea a capolinea)...mi sono fatta delle meravigliose dormite spalmata sul finestrino, con gli occhiali da sole molto tattici.
Non mi sono fatta mancare delle belle passeggiate durante la pausa pranzo, in una delle quali sono arrivata a piedi fino a Via del Corso, per comprare dei regali ad alcuni miei amici.
Ma la cosa più emozionante mi è capitata di sera.
Ho avuto la possibilità di assistere ad uno spettacolo... luci, colori, arte e silenzio.
Mi sono ritrovata per due sere di seguito,alle ore 19.45 a piazza San Pietro.
La piazza quasi deserta, c'erano poche persone.
Alcuni ragazzi stavano seduti a terra ad ammirare, come me, lo spettacolo in silenzio .
A quell'ora il sole tramonta, il cielo comincia a perdere i suoi colori chiari e diventa viola, la piazza è già illuminata e le luci illuminano ed esaltano i contorni della chiesa, delle fontane e dell'obelisco.
Ora, purtroppo, non sono cosi brava da riuscire a descrivere in modo più preciso la bellezza del posto, a quell'ora e, non avevo neanche un supporto per fare foto con me, ma sono obiettivamente convinta di avere assistito ad uno spettacolo.
In quel momento, passeggiando, serena, verso la mia meta, mi sono detta "Dopo tutto ogni tanto ci posso restare a piedi".
A.
giovedì 4 settembre 2008
Una passeggiata al Fushimi Inari..
Pomeriggio di Settembre.
Sono a lavoro e fa un caldo allucinante.
Penso "Se mi bevo una cosa, sto meglio".
Rifletto "Accendo o non accendo il ventilatore?".
"No, non lo accendo..preferisco tenermi il calore addosso".
E poi vagando nella mia pensierosa testa..lo trovo il posto dove andare.
Il posto dove, oltre a sentire meno caldo, poter ripulire la testa da ogni pensiero.
Basta fare un passo, perchè al secondo ti senti già più leggera.
Vorrei fare una passeggiata al Fushimi Inari.
Vorrei camminare scalza, ed in silenzio ascoltare il rumore delle cicale, mentre davanti ai miei occhi ci sono soltanto gallerie di Torii rossi....
Sentire la pietra liscia sotto i miei piedi...e quella sensazione di pace irreale intorno.
Mi girerei ogni tanto..per vedere le incisioni nere sui Torii...e mi metterei ad immaginare il loro significato, nomi, preghiere, desideri...poi continuerei il mio cammino serena...lungo tutto il percorso...in mezzo a quel magico bosco...fino alla fine dei miei passi...
A.
Sono a lavoro e fa un caldo allucinante.
Penso "Se mi bevo una cosa, sto meglio".
Rifletto "Accendo o non accendo il ventilatore?".
"No, non lo accendo..preferisco tenermi il calore addosso".
E poi vagando nella mia pensierosa testa..lo trovo il posto dove andare.
Il posto dove, oltre a sentire meno caldo, poter ripulire la testa da ogni pensiero.
Basta fare un passo, perchè al secondo ti senti già più leggera.
Vorrei fare una passeggiata al Fushimi Inari.
Vorrei camminare scalza, ed in silenzio ascoltare il rumore delle cicale, mentre davanti ai miei occhi ci sono soltanto gallerie di Torii rossi....
Sentire la pietra liscia sotto i miei piedi...e quella sensazione di pace irreale intorno.
Mi girerei ogni tanto..per vedere le incisioni nere sui Torii...e mi metterei ad immaginare il loro significato, nomi, preghiere, desideri...poi continuerei il mio cammino serena...lungo tutto il percorso...in mezzo a quel magico bosco...fino alla fine dei miei passi...
A.
domenica 31 agosto 2008
Una bella serata
E' notte.
Ho gli occhi aperti.
Sono sul letto, sdraiata, in una casa non mia.
Morfeo non è ancora passato a prendermi. non è ancora il momento di cadere tra le sue braccia.
Ho passato una serata bellissima.
Una semplice serata tra amiche, dove la musica ci ha riportato indietro nel tempo..negli anni 90...
Quando la nostra vita era tutta un'emozione, quando si lottava per rimanere fuori casa la sera fino a tardi. I pianti, le risate, la prima vacanza da sole, la terrificante serata a Fregene, gli amori impossibili..e noi eravamo lì insieme a raccontare le nostre storie...ed oggi in questa calda serata di fine estate siamo ancora qui, insieme, a ricordare e a ballare come pazze, scalze in mezzo alla gente...
Adesso, però, è arrivato Morfeo.
Sarà l'effetto del vino rosso bevuto, ma lo vedo davanti a me.
Bello, scuro, con i capelli intrecciati come i rami di un albero.
Mi sorride...ed io non posso fare altro che tuffarmi tra le sue possenti braccia.
So che si prenderà cura di me e che mi cullerà per tutto il resto della notte.
A.
Ho gli occhi aperti.
Sono sul letto, sdraiata, in una casa non mia.
Morfeo non è ancora passato a prendermi. non è ancora il momento di cadere tra le sue braccia.
Ho passato una serata bellissima.
Una semplice serata tra amiche, dove la musica ci ha riportato indietro nel tempo..negli anni 90...
Quando la nostra vita era tutta un'emozione, quando si lottava per rimanere fuori casa la sera fino a tardi. I pianti, le risate, la prima vacanza da sole, la terrificante serata a Fregene, gli amori impossibili..e noi eravamo lì insieme a raccontare le nostre storie...ed oggi in questa calda serata di fine estate siamo ancora qui, insieme, a ricordare e a ballare come pazze, scalze in mezzo alla gente...
Adesso, però, è arrivato Morfeo.
Sarà l'effetto del vino rosso bevuto, ma lo vedo davanti a me.
Bello, scuro, con i capelli intrecciati come i rami di un albero.
Mi sorride...ed io non posso fare altro che tuffarmi tra le sue possenti braccia.
So che si prenderà cura di me e che mi cullerà per tutto il resto della notte.
A.
martedì 26 agosto 2008
Appunti dal Giappone
Pensieri sull'aereo, 04 agosto 2008
In volo da nove ore.
Un viaggio molto tranquillo.
Film. Giochi. Ninne, con il cervello che piomba in sogni assurdi.
Mia sorella gioca ad una specie di packman e ogni tanto scazza perchè perde.
Il nostro compagno di viaggio legge.
Mancano ancora tre ore al nostro arrivo in Giappone....
...
..Adesso siamo quasi arrivati ad Osaka...
In questo viaggio abbiamo mangiato come tre porcelli!!!
Kyoto, 08 agosto 2008
Una città caldissima, umida che, mentre cammini ti senti un phon puntato in faccia, con un tizio a fianco che ti tira acqua calda, e non vedi l'ora di correre dentro un negozio per riprendere fiato sotto un bocchettone di aria condizionata.
Questo è quello che percepisci esternamente..quello che rimane in superficie...poi c'è il resto..che è incantevole..e si prenota uno spazio nei tuoi ricordi.
Una città abitata da persone cortesi, silenziose, un luogo dove divertirsi, rilassarsi e pulirsi l'anima.
Con i suoi bellissimi templi ed i loro curatissimi giardini. Le antiche case di legno, le stradine lastricate del quartiere di Gion.
La gente che, la sera, si siede lungo le sponde del fiume a prendere fresco.
Una città dove è bello perdersi nelle strade e dove, volendo, basta una stupida cartina o semplicemente un po' di orientamento per trovare tutto.
E poi i suoi vicoli sovrastati da numerosi cavi elettrici che, a dirlo sembra strano, ma sono belli e rendono il vicolo stesso, piacevole da guardare...
Osaka, 09 agosto 2008
Stanza d'albergo al settimo piano con due grandi vetrate che affacciano sulla strada.
La stanza è in stile giapponese, c'è il tatami e lì sopra steso, mi attende un futon.
I miei compagni di viaggio stanno già dormendo, ma io no.
Sono sveglia, come sempre persa nei miei pensieri notturni.
Ascolto musica e guardo fuori.
Seduta su una sedia, indosso uno yukata, i piedi che toccano il vetro della vetrata dalla quale, al buio, ammiro la città.
Osaka.
Da qui inizia il nostro viaggio nel giappone moderno.
Abbiamo lasciato Kyoto, la città dei tempi e siamo approdati in una città moderna.
Luci, colori, grattacieli, strade sopraelevate che separano i palazzi, il rumore assordante che esce dalle sale del pachinco, gallerie commerciali, palazzi pieni di negozi e giardini creati dall'uomo sopra i grattacieli. Ed io sono davanti alla finestra..che ossevo silenziosa la gente che passa.
Le macchine ferme al semaforo, le biciclette parcheggiate sul marciapiede...e nel mio godurioso e rilassante momento di silenzio mi tuffo nella mia fantasia ed inizio a scrivere...
In volo da nove ore.
Un viaggio molto tranquillo.
Film. Giochi. Ninne, con il cervello che piomba in sogni assurdi.
Mia sorella gioca ad una specie di packman e ogni tanto scazza perchè perde.
Il nostro compagno di viaggio legge.
Mancano ancora tre ore al nostro arrivo in Giappone....
...
..Adesso siamo quasi arrivati ad Osaka...
In questo viaggio abbiamo mangiato come tre porcelli!!!
Kyoto, 08 agosto 2008
Una città caldissima, umida che, mentre cammini ti senti un phon puntato in faccia, con un tizio a fianco che ti tira acqua calda, e non vedi l'ora di correre dentro un negozio per riprendere fiato sotto un bocchettone di aria condizionata.
Questo è quello che percepisci esternamente..quello che rimane in superficie...poi c'è il resto..che è incantevole..e si prenota uno spazio nei tuoi ricordi.
Una città abitata da persone cortesi, silenziose, un luogo dove divertirsi, rilassarsi e pulirsi l'anima.
Con i suoi bellissimi templi ed i loro curatissimi giardini. Le antiche case di legno, le stradine lastricate del quartiere di Gion.
La gente che, la sera, si siede lungo le sponde del fiume a prendere fresco.
Una città dove è bello perdersi nelle strade e dove, volendo, basta una stupida cartina o semplicemente un po' di orientamento per trovare tutto.
E poi i suoi vicoli sovrastati da numerosi cavi elettrici che, a dirlo sembra strano, ma sono belli e rendono il vicolo stesso, piacevole da guardare...
Osaka, 09 agosto 2008
Stanza d'albergo al settimo piano con due grandi vetrate che affacciano sulla strada.
La stanza è in stile giapponese, c'è il tatami e lì sopra steso, mi attende un futon.
I miei compagni di viaggio stanno già dormendo, ma io no.
Sono sveglia, come sempre persa nei miei pensieri notturni.
Ascolto musica e guardo fuori.
Seduta su una sedia, indosso uno yukata, i piedi che toccano il vetro della vetrata dalla quale, al buio, ammiro la città.
Osaka.
Da qui inizia il nostro viaggio nel giappone moderno.
Abbiamo lasciato Kyoto, la città dei tempi e siamo approdati in una città moderna.
Luci, colori, grattacieli, strade sopraelevate che separano i palazzi, il rumore assordante che esce dalle sale del pachinco, gallerie commerciali, palazzi pieni di negozi e giardini creati dall'uomo sopra i grattacieli. Ed io sono davanti alla finestra..che ossevo silenziosa la gente che passa.
Le macchine ferme al semaforo, le biciclette parcheggiate sul marciapiede...e nel mio godurioso e rilassante momento di silenzio mi tuffo nella mia fantasia ed inizio a scrivere...
sabato 23 agosto 2008
Il ritorno
Fine del viaggio.
Si torna a Roma.
Scendi dall'aereo, dove per 12 ore, il tuo sedere si è appiattito e le tue gambe non le senti più, ma sai di averle ancora.
La mente non ti segue, perchè ancora non vuole realizzare che sei tornata.
Aereoporto di Fiumicino.
Solito caos, valige da attendere, con la speranza che arrivino non troppo mal ridotte.
Cominci ad incazzarti, perchè inizia l'attesa...
La tua prima attesa nel tuo civilissimo paese.
Guardi per terra e ritrovi la zozzeria che hai lasciato quando sei partita, la zozzeria che non hai mai trovato nel paese in cui sei andata.
Tristemente realizzi.
Sono in Italia...e da lì ti ributti involontariamente nel solito tram tram di incazzature di tutti i giorni.
E' bastato scendere dall'aereo...è bastato uno sguardo fugace intorno...è bastato ascoltare il vociare della gente...
Comunque, non sono qui per scrivere male del mio paese, c'è sempre tempo per farlo (e anche troppo spesso lo faccio).
Il Giappone, dove sono stata per 13 giorni, mi ha folgorato.
Mi sono innamorata.
La spiritualità dei sui templi, i silenzi, il caos creato dalla cicale nei parchi, il cibo buono, il folle rumore delle sale di Pachinco, i grattacieli di Tokio, i continui ringraziamenti della gente in giro, la totale assenza di rifiuti, la bellezza quasi poetica dei pali della corrente, i bagni pubblici, i manga, i poster dei cartoni animati ovunque, le migliaia di distributori autimatici sparsi per le strade, il WC con i suoi magici tasti laterali, le biciclette parcheggiate sui marciapiedi, le coloratissime illuminazioni notturne, il caldo asfissiante...
Tutto questo ed altro ancora...e io penso.
Cazzo, ci sono proprio stata.
Ok! Eccola la solita ripetitiva...mi entusiasmo, mi emoziono, mi perdo nei ricordi del mio viaggio e ripeto le solite cose.
Ma quello che non è scontato sono le sensazioni che ho vissuto, i rumori, i sapori e quello che i miei occhi hanno visto nei 13 giorni vissuti lì.
Per questo mi sembra giusto allegare alcune foto......
A.

Si torna a Roma.
Scendi dall'aereo, dove per 12 ore, il tuo sedere si è appiattito e le tue gambe non le senti più, ma sai di averle ancora.
La mente non ti segue, perchè ancora non vuole realizzare che sei tornata.
Aereoporto di Fiumicino.
Solito caos, valige da attendere, con la speranza che arrivino non troppo mal ridotte.
Cominci ad incazzarti, perchè inizia l'attesa...
La tua prima attesa nel tuo civilissimo paese.
Guardi per terra e ritrovi la zozzeria che hai lasciato quando sei partita, la zozzeria che non hai mai trovato nel paese in cui sei andata.
Tristemente realizzi.
Sono in Italia...e da lì ti ributti involontariamente nel solito tram tram di incazzature di tutti i giorni.
E' bastato scendere dall'aereo...è bastato uno sguardo fugace intorno...è bastato ascoltare il vociare della gente...
Comunque, non sono qui per scrivere male del mio paese, c'è sempre tempo per farlo (e anche troppo spesso lo faccio).
Il Giappone, dove sono stata per 13 giorni, mi ha folgorato.
Mi sono innamorata.
La spiritualità dei sui templi, i silenzi, il caos creato dalla cicale nei parchi, il cibo buono, il folle rumore delle sale di Pachinco, i grattacieli di Tokio, i continui ringraziamenti della gente in giro, la totale assenza di rifiuti, la bellezza quasi poetica dei pali della corrente, i bagni pubblici, i manga, i poster dei cartoni animati ovunque, le migliaia di distributori autimatici sparsi per le strade, il WC con i suoi magici tasti laterali, le biciclette parcheggiate sui marciapiedi, le coloratissime illuminazioni notturne, il caldo asfissiante...
Tutto questo ed altro ancora...e io penso.
Cazzo, ci sono proprio stata.
Ok! Eccola la solita ripetitiva...mi entusiasmo, mi emoziono, mi perdo nei ricordi del mio viaggio e ripeto le solite cose.
Ma quello che non è scontato sono le sensazioni che ho vissuto, i rumori, i sapori e quello che i miei occhi hanno visto nei 13 giorni vissuti lì.
Per questo mi sembra giusto allegare alcune foto......
A.

lunedì 4 agosto 2008
E così iniziano le mie ferie
Ci sono arrivata.
Ora posso dire di essere realmente in ferie.
Domani si parte...(anzi...oggi..tra poche ore) ed io sono qui a raccontare l'ultima mia avventura.
Già, perchè io e mia madre questa sera ci siamo vissute una bella mezz'ora di adrenalina pura, con tanto di fuga per le scale.
Una di quelle classiche cose che capitano in questo periodo...in cui si muore di caldo e la gente impazzisce.
Una di quelle che, se ci pensi, Hitchcok era un genio a creare i suoi film, perchè i soggetti fuori di testa ci sono davvero e se ci tieni particolarmente ad incontrarli agosto è il periodo giusto.
Poi se hai..
- un palazzo in Viale Mazzini, completamente vuoto, perchè pieno di uffici e quei pochi soggetti che ci abitano hanno talmente tanti soldi da potersi permettere lunghe vacanze fuori Roma.
- un caldo fotonico, che sudi solo a respirare, con la conseguenza di avere il cervello a temperatura forno.
- ore ventitre di domenica sera.
- uomo da solo, sulla quarantina, che ansima e suda come un porco, perchè ha una crisi o si è appena finito di bere tutto il mondo alcool.
- donna completamente caghetta (IO).
- altra donna, poco caghetta e reattiva, che cerca di comunicare anche con i sassi e che, per riprendere il suo cellulare scalerebbe anche il k2 in mutande (mia madre).
- portiere del palazzo, salvatore, nonchè accompagnatore delle due soggette.
- gueststar: vecchietta in vestaglia con la voce stridula, che sembra un personaggio di Psycho.
Diamo una bella impastata a tutti questi ingredienti ed ecco che l'avventura prende forma.
Ora come sono andate le cose immaginatelo voi...ogniuno a suo modo può crearsi una storiella.
Io sono qui a raccontare, quindi sono illesa e, soprattutto, se sono qui vuol dire che il cellulare è stato recuperato.
Ora non mi resta che andarmene a fare una bella doccia, per scorllarmi di dosso tutta la pesantezza di questa giornata, che è uniziata alle 8 di questa mattina e che non è ancora finita.
Io allora vado...scendo dall'albero con le mie valige in mano (sempre la solita sfollata).
Vi dò, così, la possibilità di disintossicarvi dalla mia costante presenza.
...e chi lo sà, magari tra qualche giorno già vi manco....
A.
Ora posso dire di essere realmente in ferie.
Domani si parte...(anzi...oggi..tra poche ore) ed io sono qui a raccontare l'ultima mia avventura.
Già, perchè io e mia madre questa sera ci siamo vissute una bella mezz'ora di adrenalina pura, con tanto di fuga per le scale.
Una di quelle classiche cose che capitano in questo periodo...in cui si muore di caldo e la gente impazzisce.
Una di quelle che, se ci pensi, Hitchcok era un genio a creare i suoi film, perchè i soggetti fuori di testa ci sono davvero e se ci tieni particolarmente ad incontrarli agosto è il periodo giusto.
Poi se hai..
- un palazzo in Viale Mazzini, completamente vuoto, perchè pieno di uffici e quei pochi soggetti che ci abitano hanno talmente tanti soldi da potersi permettere lunghe vacanze fuori Roma.
- un caldo fotonico, che sudi solo a respirare, con la conseguenza di avere il cervello a temperatura forno.
- ore ventitre di domenica sera.
- uomo da solo, sulla quarantina, che ansima e suda come un porco, perchè ha una crisi o si è appena finito di bere tutto il mondo alcool.
- donna completamente caghetta (IO).
- altra donna, poco caghetta e reattiva, che cerca di comunicare anche con i sassi e che, per riprendere il suo cellulare scalerebbe anche il k2 in mutande (mia madre).
- portiere del palazzo, salvatore, nonchè accompagnatore delle due soggette.
- gueststar: vecchietta in vestaglia con la voce stridula, che sembra un personaggio di Psycho.
Diamo una bella impastata a tutti questi ingredienti ed ecco che l'avventura prende forma.
Ora come sono andate le cose immaginatelo voi...ogniuno a suo modo può crearsi una storiella.
Io sono qui a raccontare, quindi sono illesa e, soprattutto, se sono qui vuol dire che il cellulare è stato recuperato.
Ora non mi resta che andarmene a fare una bella doccia, per scorllarmi di dosso tutta la pesantezza di questa giornata, che è uniziata alle 8 di questa mattina e che non è ancora finita.
Io allora vado...scendo dall'albero con le mie valige in mano (sempre la solita sfollata).
Vi dò, così, la possibilità di disintossicarvi dalla mia costante presenza.
...e chi lo sà, magari tra qualche giorno già vi manco....
A.
venerdì 1 agosto 2008
Prima di dormire
Notte.
Silenzio totale nella mia stanza.
Questa stanza che non ha più forma. Piena di mobili ammassati. Scatoloni. Gli armadi vuoti. Libri ed abiti sparsi in giro per la casa o in qualche cantina, in attesa di tornare al loro posto.
Non ho sonno. Come sempre a quest'ora.
Sto mentendo.
Ho tanto sonno, ma non mi va di andare a dormire, perchè voglio ancora vivere questa giornata. Ho voglia di farla durare fino a che i miei occhi non si gonfiano, fino a che non mi rimane neanche più la forza di pigiare i tasti della tastiera di questo computer.
E' buio intorno a me. Non ci sono luci accese...ma io vedo grazie alla luce bianca dello schermo che mi sta davanti.
La finestra è aperta, ma non arrivano rumori. Tutti dormono, o almeno sono nelle loro case in silenzio, perchè non si sente neanche un rumore.
Anche le macchine hanno smesso di passare.
Di solito a quest'ora c'è sempre il coglione che corre, che fa le gare sulla strada che, sistematicamente, quando arriva alla curva giù in fondo si fa sentire da tutto il quartiere..e magari, dentro di se, si sente anche fico. Il coglione.
Io sono qui. Sono seduta e scrivo.
In realtà non ho nulla da dire. Non ho pensieri. Non ho particolari stati d'animo da raccontare.
Scrivo perchè ho iniziato, perchè dopo aver digitato la parola "notte" è uscito tutto il resto.
Anche il mio gatto mi ignora.
Starà sicuramente sdraiato su qualche letto a dormire, con le zampe in bilico, tutto allungato sul suo fianco preferito.
Fa caldo da morire questa notte.
E in questa casa non ci sono i condizionatori.
Noi qui siamo ancora antiche. Noi qui usiamo il vecchio ventilatore, che ogni anno rimane in giro per casa in attesa che arrivi il natale.
Sì, perchè a Natale scendi in cantina a prendere gli addobbi natalizi e lasci giù il ventilatore.
Che poi in reatà questo succedeva fino a qualche anno fa, perchè io un paio di natali in questa casa me li sono persi e, la mia assenza, ha prodotto zero addobbi di natale, quindi zero spostamenti di ventilatore.
Alla mia destra c'è la nuova valigia. Comprata per il mio viaggio. E' ancora vuota. Non ho avuto tempo di riempirla.
Ci penso da giorni a tutte le cose che devo portarmi, ma ancora non mi va.
Ancora non le ho preparate. La lista è più o meno pronta, nella mia testa, ma non mi sono attivata fisicamente.
Cazzo sto per andare in Giappone...e sono qui a far finta che non sia vero.
Che non è mio il viaggio.
Che il nome Alessia stampato sul biglietto aereo, che sta sul tavolo "dillà", appartenga ad un'altra persona.
Ma se sono giorni che esterno la mia pazza gioia per questo viaggio in tutti i modi possibili.
Lo sanno tutti che parto.
TUTTI.
Ho stracciato i "maroni" ai miei amici, e anche a quelli che mi conoscono appena.
E questa sera, mentre passeggiavo, con delle mie amiche, tra le bancarelle dei libri di Castel Sant'Angelo...ho ritrovato il motivo vero...che da anni mi fa sognare di visitare questo paese.
Stavo in curiosando in una bancarella di vecchi libri usati, ed una mia amica mi ha fatto notare un ripiano pieno di manga.
Mi sono illuminata, li ho presi uno per uno, ed ho iniziato a sfogliare le pagine.
E come sempre mi sono persa nelle storie assurde, in quegli occhioni enormi, in quei corpi stampalati e nei diversi ma sempre belli stili di disegno. Mi è venuta la voglia di comprarli tutti. Come sempre, da 13 anni.
Alla fine ne ho preso uno...spesa 1Euro.
Storie di Kappa n. 94 - aprile 2000 (all'epoca costava £8.000).
Chiudo inoltrando il disegno che mi ha fatto decidere di comprarlo...
Silenzio totale nella mia stanza.
Questa stanza che non ha più forma. Piena di mobili ammassati. Scatoloni. Gli armadi vuoti. Libri ed abiti sparsi in giro per la casa o in qualche cantina, in attesa di tornare al loro posto.
Non ho sonno. Come sempre a quest'ora.
Sto mentendo.
Ho tanto sonno, ma non mi va di andare a dormire, perchè voglio ancora vivere questa giornata. Ho voglia di farla durare fino a che i miei occhi non si gonfiano, fino a che non mi rimane neanche più la forza di pigiare i tasti della tastiera di questo computer.
E' buio intorno a me. Non ci sono luci accese...ma io vedo grazie alla luce bianca dello schermo che mi sta davanti.
La finestra è aperta, ma non arrivano rumori. Tutti dormono, o almeno sono nelle loro case in silenzio, perchè non si sente neanche un rumore.
Anche le macchine hanno smesso di passare.
Di solito a quest'ora c'è sempre il coglione che corre, che fa le gare sulla strada che, sistematicamente, quando arriva alla curva giù in fondo si fa sentire da tutto il quartiere..e magari, dentro di se, si sente anche fico. Il coglione.
Io sono qui. Sono seduta e scrivo.
In realtà non ho nulla da dire. Non ho pensieri. Non ho particolari stati d'animo da raccontare.
Scrivo perchè ho iniziato, perchè dopo aver digitato la parola "notte" è uscito tutto il resto.
Anche il mio gatto mi ignora.
Starà sicuramente sdraiato su qualche letto a dormire, con le zampe in bilico, tutto allungato sul suo fianco preferito.
Fa caldo da morire questa notte.
E in questa casa non ci sono i condizionatori.
Noi qui siamo ancora antiche. Noi qui usiamo il vecchio ventilatore, che ogni anno rimane in giro per casa in attesa che arrivi il natale.
Sì, perchè a Natale scendi in cantina a prendere gli addobbi natalizi e lasci giù il ventilatore.
Che poi in reatà questo succedeva fino a qualche anno fa, perchè io un paio di natali in questa casa me li sono persi e, la mia assenza, ha prodotto zero addobbi di natale, quindi zero spostamenti di ventilatore.
Alla mia destra c'è la nuova valigia. Comprata per il mio viaggio. E' ancora vuota. Non ho avuto tempo di riempirla.
Ci penso da giorni a tutte le cose che devo portarmi, ma ancora non mi va.
Ancora non le ho preparate. La lista è più o meno pronta, nella mia testa, ma non mi sono attivata fisicamente.
Cazzo sto per andare in Giappone...e sono qui a far finta che non sia vero.
Che non è mio il viaggio.
Che il nome Alessia stampato sul biglietto aereo, che sta sul tavolo "dillà", appartenga ad un'altra persona.
Ma se sono giorni che esterno la mia pazza gioia per questo viaggio in tutti i modi possibili.
Lo sanno tutti che parto.
TUTTI.
Ho stracciato i "maroni" ai miei amici, e anche a quelli che mi conoscono appena.
E questa sera, mentre passeggiavo, con delle mie amiche, tra le bancarelle dei libri di Castel Sant'Angelo...ho ritrovato il motivo vero...che da anni mi fa sognare di visitare questo paese.
Stavo in curiosando in una bancarella di vecchi libri usati, ed una mia amica mi ha fatto notare un ripiano pieno di manga.
Mi sono illuminata, li ho presi uno per uno, ed ho iniziato a sfogliare le pagine.
E come sempre mi sono persa nelle storie assurde, in quegli occhioni enormi, in quei corpi stampalati e nei diversi ma sempre belli stili di disegno. Mi è venuta la voglia di comprarli tutti. Come sempre, da 13 anni.
Alla fine ne ho preso uno...spesa 1Euro.
Storie di Kappa n. 94 - aprile 2000 (all'epoca costava £8.000).
Chiudo inoltrando il disegno che mi ha fatto decidere di comprarlo...
Ryugetsusho II di Ryoichi Ikegami

mercoledì 30 luglio 2008
Le ferie sono vicine...riflessioni
Salve amici naviganti,
oggi sono qui a riflettere sul fatto che le mie ambite vacanze sono arrivate.
Tra pochi giorni si parte...destinazione Sol levante..
Si siii...
ok già si sapeva..
ed ho anche abbastanza scassato i maroni..sull'argomento "gioia estrema da partenza", però adesso siamo proprio arrivati..è quasi ora di lasciare il mio albero.....
Bisogna preparare la valigia, da non riempire all'andata, per farla poi esplodere di robba al ritorno...sì perchè io e i miei compagni di viaggio in tal senso abbiamo brutte intenzioni.
Vai in Giappone e non torni con tutto il paese nella valigia...minimo.
E' pur vero che se non ci diamo una calmata, quelli non ci fanno tornare e a quel punto mi tocca cercare un nuovo albero lì.
Ecco.
Riflettevo proprio su questo..
e se non torno?!
e se improvvisamente impazzisco...e presa da un attacco di panico resto lì...
dopo tutto, ho così tante aspettative su questo viaggio...che potrei anche decidere di non farlo finire.
Potrei....zitta zitta svignarmela da qualche parte e restarci.
Sparire dalla circolazione per un po'.
Restare sul serio seduta su un ramo, di un fantastico albero "giappo" (che so' stupendi), a guardare il mondo che va avanti...
La frenesia della gente..
la vita che corre...
e io lì... ferma... immobile a guardare tutto questo che passa.
A riflettere sulla mia vita.
A vivere dei miei respiri, con lo sguardo che si perde nell'orizzonte....
Direi...fantastico...ed anche poetico....
Ma non è questa la vera scimmia...o almeno il mio essere scimmia, perchè se anche mai iniziassi a fare una cosa del genere...dopo 5 minuti (perchè 10 sono troppi)..inizierebbe a prudermi (che ne so') la spalla...e quindi già mi muovo..
poi il formicolio alle gambe...
poi ...stando seduta..sola, in silenzio, inizierei a fare il "People Watching" e quindi, sicuro mi metterei a dire la mia su ogni strano figuro che passa...e mica in silenzio. Seeeee!!!
Lo farei ad alta voce. Quindi parlerei da sola.
Perchè zitta nn ci so stare "MAI".
Ed ecco che in meno di 10 minuti, tutta la poesia della mia fuga silenziosa, si è frantumata.
Allora ricapitoliamo...io parto il 04/08...ed il 17/08 sono di nuovo qui...e si ricomincia con la baldoria.
BACI!!!!
A.
oggi sono qui a riflettere sul fatto che le mie ambite vacanze sono arrivate.
Tra pochi giorni si parte...destinazione Sol levante..
Si siii...
ok già si sapeva..
ed ho anche abbastanza scassato i maroni..sull'argomento "gioia estrema da partenza", però adesso siamo proprio arrivati..è quasi ora di lasciare il mio albero.....
Bisogna preparare la valigia, da non riempire all'andata, per farla poi esplodere di robba al ritorno...sì perchè io e i miei compagni di viaggio in tal senso abbiamo brutte intenzioni.
Vai in Giappone e non torni con tutto il paese nella valigia...minimo.
E' pur vero che se non ci diamo una calmata, quelli non ci fanno tornare e a quel punto mi tocca cercare un nuovo albero lì.
Ecco.
Riflettevo proprio su questo..
e se non torno?!
e se improvvisamente impazzisco...e presa da un attacco di panico resto lì...
dopo tutto, ho così tante aspettative su questo viaggio...che potrei anche decidere di non farlo finire.
Potrei....zitta zitta svignarmela da qualche parte e restarci.
Sparire dalla circolazione per un po'.
Restare sul serio seduta su un ramo, di un fantastico albero "giappo" (che so' stupendi), a guardare il mondo che va avanti...
La frenesia della gente..
la vita che corre...
e io lì... ferma... immobile a guardare tutto questo che passa.
A riflettere sulla mia vita.
A vivere dei miei respiri, con lo sguardo che si perde nell'orizzonte....
Direi...fantastico...ed anche poetico....
Ma non è questa la vera scimmia...o almeno il mio essere scimmia, perchè se anche mai iniziassi a fare una cosa del genere...dopo 5 minuti (perchè 10 sono troppi)..inizierebbe a prudermi (che ne so') la spalla...e quindi già mi muovo..
poi il formicolio alle gambe...
poi ...stando seduta..sola, in silenzio, inizierei a fare il "People Watching" e quindi, sicuro mi metterei a dire la mia su ogni strano figuro che passa...e mica in silenzio. Seeeee!!!
Lo farei ad alta voce. Quindi parlerei da sola.
Perchè zitta nn ci so stare "MAI".
Ed ecco che in meno di 10 minuti, tutta la poesia della mia fuga silenziosa, si è frantumata.
Allora ricapitoliamo...io parto il 04/08...ed il 17/08 sono di nuovo qui...e si ricomincia con la baldoria.
BACI!!!!
A.
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